La legge francese che divide e il rifiuto comune di ogni interferenza

Alma e Lila Lévy, cittadine francesi di sedici e diciotto anni, sono state espulse, a ottobre del 2003, da un liceo di Aubervillers, comune «rosso» della banlieue parigina, per essersi rifiutate di togliere il velo islamico. Il caso delle due sorelle, figlie di un avvocato ateo, comunista, di famiglia ebraica e di un’insegnante d’origine algerina, ha contribuito a riaccendere in Francia la polemica pubblica sulla laicità ed è stato usato come pretesto per accelerare il percorso verso una legge che proibisce l’ostentazione di simboli religiosi nella scuola pubblica. A luglio del 2003 era stato costituito un gruppo di saggi, detto «commissione Stasi» dal nome del suo presidente, con il compito di elaborare un rapporto sull’applicazione del principio di laicità nelle scuole pubbliche e d’indicare strumenti legislativi per riaffermarlo o rafforzarlo. A marzo di quest’anno l’Assemblea nazionale ha approvato a larga maggioranza la legge detta sul velo, ma che proibisce anche la kippa, le croci di grandi dimensioni e qualunque segno religioso «ostentatorio». La legge ha suscitato un dibattito molto acceso su come vadano intese laicità, libertà religiosa, integrazione, parità fra i generi; alcune opinioni anche autorevoli l’hanno letta come un riflesso dell’islamofobia diffusa nella società francese e come una violazione della libertà religiosa e dei diritti umani. A schierarsi contro sono stati alcuni noti intellettuali di sinistra, i Verdi, una parte del Pcf e della Lcr, alcune realtà associative antirazziste e femministe, una parte del mondo associativo mulsulmano. La legge è applicativa a partire dalla riapertura delle scuole. L’indecifrabile ricatto del sedicente Esercito islamico iracheno che ha chiesto l’abrogazione della legge in cambio della liberazione dei giornalisti Chesnot e Malbrunot, ha ricevuto in Francia una risposta netta e corale, anche da parte di chi non l’ha condivisa: è alla società francese che spetta discutere e decidere le proprie leggi. (a.r.)

 

Fonte: https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/2003055897