Corpi ostentati, corpi annullati

Si sa, i corpi più vulnerabili stanno sempre nella plaga simbolica dell’alterità indistinta che ispira aggressività, nel senso dell’annullare, oppure indifferenza, nel senso del lasciar morire. Da vivo, Sher Khan hanno cercato di annullarlo, di piegarne forza e coraggio, di farlo cadere nel fondo della condizione sociale: con la discriminazione e privazione di diritti, con il sequestro del corpo sofferente in galere o lager per migranti. Poi hanno lasciato che una notte morisse per strada, di malattia, di freddo, di sconforto. Dopo le prime notizie, per lo più all’insegna del «barbone morto di freddo» e prive di ogni pietas; dopo l’indifferenza del primo cittadino, mal mascherata da gelide dichiarazioni burocratiche – «il Piano-freddo partirà come ogni anno», arriva il divieto della questura per il corteo in suo onore, giustificato in nome del santo natale e del consumo. Eppure onorare un uomo che ha testimoniato, pur con i suoi limiti, interesse e solidarietà per gli ultimi – lui stesso fatto divenire ultimo – sarebbe stato un modo degno, per chi è cristiano, di onorare l’Uomo che si sacrificò per gli ultimi. Ma la retorica delle radici cristiane e dei crocifissi è ormai solo uno dei tanti slogan pubblicitari che il potere marcescente utilizza per corrompere le coscienze e la qualità civile del Paese. Ci sono corpi e corpi. C’è l’ostentazione iterata e drammatizzata, oscena e isterica, del volto del Potere insanguinato da una lieve ferita, proposto come sacra sindone. Per ricordarci i nostri peccati mortali: il mancato idoleggiamento del potere, la pretesa di criticarlo, sottrarsi ad esso, contrastarlo. E c’è l’annullamento dei corpi di cui il potere fa strage nelle galere, nelle traversate del Mare nostrum, nell’inferno libico, nelle missioni di pace, in cantieri, fabbriche e campagne, nei lager per migranti, in ospedali rischiosi, nelle strade delle nostre città, ostili e insicure per gli altri. Sher Khan è stato uno di quelli da annullare e oggi occultare. Rispettarlo e onorarlo è invece dovere morale e politico per noi che da vivo non l’abbiamo protetto abbastanza, né abbiamo saputo impedire che vent’anni d’Italia lo riducessero a corpo sofferente quanto irriducibile. Sappiamo quel che lui avrebbe fatto di fronte a un corteo vietato: il vocione roco, la gestualità immoderata, il sorriso furbo, si sarebbe messo alla testa senza esitare. Fare come lui può essere un bel modo per ricordarlo.

 

Fonte: https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/2003158124